Colui che indossa la moralità come l’abito migliore,
sarebbe meglio stesse nudo.
Il vento e il sole non squarcernno la sua pelle.
E colui che fa dell’etica un limite al comportamento, ingabbia il suo canto.
Il canto più libero non passa tra fili e sbarre.
E colui per il quale l’adorazione è una finestra che si apre e si chiude,
non ha ancora visitato la dimora della sua anima
le cui finestre sono aperte da aurora ad aurora.
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Il materialismo brutale ha conquistato le masse per due ragioni sodissime: l’una positiva, l’altra negativa.
Positivamente percepisce la civiltà come la maggior copia di bene sensibile da offrire alle moltitudini in soddisfazione dei bisogni di tutti i momenti. Le organizzazioni popolari civili sono presiedute dal concetto previdenziale della concezione materialista della vita. Quindi la politica che è scienza di governo delle moltitudini, fa officiale il criterio materialista della distribuzione equa della somma maggiore di felicità, intesa come l’intendono i materialisti puri e semplici.
Negativamente perché sorride innanzi alla impotenza delle vecchie organizzazioni spiritualiste religiose che non possono dare niente in questa valle di lagrime e tutto rimandano a dopo … che ci è venuto un tiro secco.
Badate, o lettori, che io non m’immischio di religioni, ma vorrei far comprendere che nella fusione di tutto l’antico scibile sui poteri dell’anima, il cristianesimo officiante cattolico, cioè universale, dovrebbe aver dato a noi tutto quello che oggi indipendenti o contro la sua capacità sociale, gli uomini vanno trovando e ricercando, tal quale come venti secoli fa nella Roma imperiale e nell’Alessandria dei filosofi. L’idea della maggior copia di benefici al popolo sulla terra non è prettamente materialista. Il fondamento essenziale della Carità e dell’Amore, che è supremamente cristiano e civile, o, meglio religioso e umanitario, presuppone il comune vantaggio dei beni della natura e della cooperazione scientifica dei più progrediti in uomini associati.
Gli Altronauti – puntata del 28 agosto 2020
Attraverso un articolo del filosofo Giorgio Agamben e il dialogo che ne consegue con gli ascoltatori, si parla di “medicalizzazione” della vita e di adozione della medicina e delle sue nuove pratiche “cultuali” a nuovo paradigma “religioso“, soprattutto in tempi di “emergenza sanitaria“.
L’occasione si presta anche a trattare la paura della morte e il rapporto che abbiamo