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LA SCIENZA DELLE IDEE SEMPLICI

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V’è una scienza ancora occulta in pieno secolo XX, perché è difficile per molti uomini studiosi di mille scienze più o meno positive, di ritornare alla semplicità delle idee semplici. Così io desidero, per tutti coloro che tentano di varcare questa soglia del Labirinto, di ridurre tutte le cose alle proporzioni ragionevoli e di non credere alle diatribe e agli arzigogoli dei superuomini che spuntano a tonnellate. Con questo metodo delle idee semplici, bonariamente semplici, intese con semplicità, tutti i misteri religiosi, tutte le mitologie ci sono svelati e il minotauro dell’imbroglio è immolato.
Leggete il nome degli dèi mistici, vedetene le origini e ne farete conoscenza intima e li trarrete dalle nuvole delle teogonie fiorite nel campo oggettivo della vostra visione intelligente. Osiride, Iside, Ammone, Horus, Giove (Iupiter cioè Ieovpater) Mizraim, Febo, Moloh, Adonai, Achad, Achac, e poi Maria e poi Cristo figliuolo di Dio, tal quale come i re di Siria che si chiamavano Benachad o Benadad figliuoli del Signore unico Dio… poi Baal, Hecate, Hera, Aserot, Astaroth, Adirdagash… faciem quidem habet mulieris, omne reliquum corpus piscis — definit in piscem[xix] mulier formosa superne… da cui la rete che i cretesi mettevano in mano all’Iside o per indicare il destino che coinvolge gli uomini o la Luna che governa la produzione del mare — Artemisia mulier futuri presaga.
Poiché, amici miei, i misteri si trovano nelle parole sacre come le rose negli spineti, e per capire, investigare, penetrare il senso occulto delle parole non occorre solo un patrimonio di filologia volgare, ma una certa dose di sale della sapienza ermetica che da il senso classico dei parlari sacerdotali antichi.

Virgo è tradotto vergine e se io dico che la parola latina sacerdotale virgo valeva vir-agens, i maestri di scuola mi salteranno addosso.
Vir-agens, l’uomo agitantesi o l’uomo operante, non può avere alcun significato soddisfacente, nuovo, che apra la mente dei grammatici, ma io che lo so, io che so, come voi saprete domani, che l’uomo operante o agente è la forma o il simbolo della magia isiaca, non potrò ribellarmi alle canzonature pedagogiche. Maria è una Vergine: Virgo potens — come Iside, cioè: il tipo dell’uomo che agisce con potenza; la femmina, l’immagine  muliebre  dolcissima  e radiante  è  virgo,  inquanto che determina la potenzialità dell’agente. Il fuoco sacro era mantenuto acceso dalle Vestali vergini — e dovevano conservarsi tali se no il fuoco si spegneva. Rea, la madre comune degli dèi e degli uomini, era una Vergine; Cibele frigia, piena di mammelle come l’Astarte, nel Lazio[xx], da il nome alla mistica Vestale vergine che partorisce i gemelli Romolo e Remo, il binario, ed è sepolta viva perché doveva sparire nella terra vegetante dell’Urbe.
E si potrebbe stampare una biblioteca su questa filologia sacra che nessuno capirebbe, se prima non fosse addottrinato nella pratica dei poteri divini, nell’Olimpo ermetico — e gioverebbe solo a creare dei rompicapi e degli indovinelli per far gridare i critici conservatori della sapienza volgare.
Ma io insisto. Studiare le parole che appartennero alle religioni morte è un bene per chi vi riesce anche a metà. Non bisogna illudersi che oggi si conosca più che gli antichi conoscessero, poiché gli antichi, nella scienza dell’anima umana, furono profondi e sapienti come la scienza delle università moderne non lo sarà per altri secoli. Integrarsi è capire la forza e la virtualità dell’anima propria e dalla conoscenza soggettiva il velo delle religioni simboliche è sollevato. E vi si scoprono tesori che passano inosservati come mucchi di cenci buoni a nient’altro che ad infiorare la poesia dei rari evocatori delle età in ruina.

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NOTE AL TESTO

[xx] = Anche i primi cristiani col pesce indicavano il figlio del Padre; Iside Dictinna portava in mano la rete per prendere il pesce. Oculato lettore, vedi un po’ se gli apostoli del cristianesimo furono pescatori per caso o a ragion veduta, e che pesci avevano prima del Cristo pescato.

[xxi] = Latium a latendo, tal dissero il cielo nascosto della latinità.

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Giuliano J. M. Kremmerz, «La Porta Ermetica», 1910

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