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LA DOPPIA NATURA DELL’UOMO

L’essere uomo, in quanto tale, deve riconoscersi quale elemento doppio: umano e divino; tocca alla propria cosxienza stabilire se essere un tutt’uno col divino o con l’umano.
L’individuo è elemento di transizione, per cui è tutto e non è niente; la sua lotta, il suo travaglio, la sua stessa impotenza derivano dal non sapersi definire e, di conseguenza, dal non sapersi unificare e integrare. Ma questa doppiezza, per fortuna, non è assoluta perché l’elemento umano è solo una “sovrapposizione” alla Pura Cosxienza […].
Nessuno potrà mai distruggere la Divinità che è nell’ente umano, perché gli è intrinsecamente connaturata; il fattore psicologico umano è una semplice proiezione spazio-temporale, una seconda falsa natura che la forza creatrice della mente ha potuto rendere verosimilmente stabile. Attualmente l’umanità vive sotto l’impressione di questa falsa natura fino ad esserne totalmente suggestionata e vittima indifesa. La verità si è capovolta: è reale ciò che appare, è falso ciò che realmente è.

Se anche soltanto “pochi” sanno decisamente distaccarsi da tale cappa ipnotica e dall’altrettanto oppio degli alibi; se sanno avere l’ardire di essere contro l’opprimente fantasma della propria immagine idealizzata, che l’elemento dell’io psicologico sa offrire magistralmente; se, ancora, sanno mettere da parte interessi individuali distaccandosi dal frutto delle proprie azioni e dunque dalle ideologie profane, allora essi potranno prepararsi per eventi inattesi, saranno “pronti per l’inaspettato”, direbbe Sri Aurobindo.
L’unica Fonte sa attendere perché è fuori del tempo e dello spazio.
Il discepolo dell’oggi, sia esso a dimensione metafisica o meno, deve essere un guerriero e, se non ha determinazione, ardire, decisione incrollabile e direzione univoca, per quanto possa interessarsi di cose iniziatiche, per quanto possa fare la sua brava meditazione mattutina, per quanto possa scrivere qualche saggio per erudire gli altri, per quanto possa frequentare gruppi letterari, filosofici o religiosi, rimane il fatto che egli non differisce punto dalla gran massa che sperimenta il narcotico dell’illusione e del nichilismo.

È bene ricordare che in Parmenide, Orfeo, Ermete, Maharshi, Aurobindo, Gaudapada, Shankara, Pitagora, Platone, Plotino, Buddha, Gesù, è morto solo lo strumento fisico, la loro ombra, la loro “prigione”, ma non è morto quanto essi hanno espresso e donato all’umanità. Ed è questo ciò che importa. Che un giorno possa ripresentarsi qualcuno di loro, o altri, con diverso nome e diversa intelaiatura cosxienziale, ha poca importanza; non contano il nome e la forma (per quanto alcuni aspiranti sogliano difendere unicamente nome e forma dei loro Maestri), ma lo spirito di verità e la forza propulsiva irradiante, il Fuoco incolore, che esseri del genere possono vibrare e trasmettere.

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tratto dal volume «Un Tuffo dal Profondo – La Fonte Inesauribile» (Sei Altrove Edizioni), pagg. 118-119 [vedi libro]

 

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