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ADATTAMENTO E LIBERTÀ

Le differenti teorie evoluzionistiche hanno definito l’adattamento come un aggiustamento funzionale di un organismo vivente che, per restare in vita, si conforma al suo ambiente circostante. Se necessario si possono in effetti sviluppare certi organi o certe funzioni per adattarsi alla costante mutabilità dell’ambiente esterno. Per sopravvivere l’animale – e l’uomo – hanno bisogno di uno specifico spazio vitale organizzato dalla propria specifica peculiarità e intelligenza che si adatta in larga parte ai cicli della vita e ad immutabili leggi universali. Quando questo spazio vitale è ristretto o degradato al di là di un certo limite di tolleranza, appaiono alcune reazioni o modificazioni atte ad armonizzare questo cambio di stato, al fine di preservare la vita della specie. È questo adattamento, in linea di massima meccanico nei reami subumani, che permette lo sviluppo di differenti specie con specifiche caratteristiche, allo stesso tempo sacrificando altre varietà destinate poi nel tempo a modificarsi fino ad estinguersi: questo processo è definito “selezione naturale”.

Detto altrimenti, l’adattamento è un puro processo di preservazione e sopravvivenza. Su questo mondo sono le specie più adatte che sopravvivono alle modificazioni evolutive, e questo resta valido anche per gli esseri umani. Il termine adattamento è quindi associato a quello di selezione naturale, che indica di fatto una legge naturale, un puro meccanismo evolutivo preposto sia alla preservazione che all’estinzione.

Riassumendo, l’adattamento è una trasformazione specifica necessaria a conformarsi alle nuove condizioni di vita dell’ambiente esterno, infatti per analogia adattarsi significa sottomettersi ad una precisa legge (sociale o di natura) operante all’esterno di sé. Questo è un naturale processo della vita che tutte le specie, cosxienti o meno, adottano per sopravvivere. La regia è affidata all’intelligenza biologica (istinto o mente fisica) che adotta meccanismi “geniali” che permettono sia la preservazione che la selezione. La scienza con la biologia, e in particolare l’etologia, a riguardo espone esempi quali la lunghezza del collo delle giraffe per nutrirsi di foglie o il mimetismo del camaleonte per sfuggire ai predatori. Si tratta quindi di un’intelligenza animale, che grazie alla sua straordinaria facoltà di adattamento permette la sopravvivenza della specie: la natura di detta intelligenza, e potremmo dire cosxienza, è condensata nei minerali, istintiva nel regno vegetale, in un superiore grado in quello animale e quindi patrimonio animico nell’uomo.

Nell’uomo tale facoltà perde le caratteristiche originarie rivolte esclusivamente alla preservazione della vita, ed evolve in strutture più complesse concettualizzandosi nel pensiero logico analitico.
Quando l’uomo per situarsi nell’ambiente in cui vive si conforma ad un’idea, ad un’istituzione, una religione, si adatta e per analogia utilizza il medesimo processo causale adottato dall’animale in rapporto alla conservazione e ai parametri dello spazio vitale necessari alla sopravvivenza. Un valido esempio di questa eredità animale nelle moderne civiltà si evidenzia con tutto ciò che riguarda la proprietà “privata” che, ad un attento esame, risulta essere nient’altro che il possesso, regolato da un ente esterno, volto alla preservazione degli spazi vitali.

Vincolati alla nostra “intelligenza duale”, siamo obbligatoriamente influenzati da un puro istinto di conservazione, per cui in una qualsiasi situazione di adattamento alla vita, seppur evoluti ed intelligenti, semplicemente sopravviviamo al pari di un animale.
Entrando in contatto con le macro influenze della vita, conformati ad un qualsiasi ente sociale, morale, etico o religioso, semplicemente ci adattiamo a modelli preesistenti strutturati sul solo conservazionismo.
Se vivo la vita in funzione di parametri esterni, in larga parte accettati inconsapevolmente, ch’io sia prete, dottore o massaia, in ogni caso questi modelli saranno regolati da leggi esterne sempre in rapporto al mio innato istinto di sopravvivenza. Immerso nelle credenze sociali e culturali, mi conformo ad idee preconcette che mi impongono concessioni in rapporto a parametri imposti da un ente esterno; adattato a tali regole non posso esprimere appieno la mia potenzialità individuale né tantomeno la capacità di essere spontaneo e libero nell’esperienza.

Quando mi adatto, sono nell’illusione che la mia sicurezza, il mio status sociale e la mia felicità dipendano da qualcosa che individuo in modelli esterni: la famiglia, il lavoro… il mondo, insomma, sono l’immagine ideale del mio disadattamento nel non poter essere davvero ciò che sono, la Verità che sono.

In termini di sopravvivenza è indiscutibilmente vero che tale processo giunge all’uomo da leggi esterne, principi che presiedono all’armonia della vita e dell’universo. Tuttavia, visto da un’ottica integrale, è vero anche che se l’animale uomo soggetto a queste influenze è fatto per l’intelligenza e la sopravvivenza, l’Uomo N-Uovo nasce per la Cosxienza ed è fatto per la Vita Divina.

Hermes

«La Sacra Realtà – Atto II: L’Avvento dell’Uomo N-Uovo»
(Sei Altrove Edizioni), pag. 174-176 – scheda libro qui

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