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MAYA: REALTÀ E ILLUSIONE SECONDO SRI AUROBINDO (PARTE 2)

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Gli adoratori di Dio, i ricercatori della perfezione umana, coloro che innalzano l’umanità dalla natura verso la supernatura, incontrano due grandi ostacoli sul proprio cammino: da una parte la tendenza ordinaria della natura a rimanere attaccata alle conquiste del passato, rappresentate dall’ebete naturalismo dell’uomo pratico e mondano, dall’altra la tendenza esagerata a voler oltrepassare il simbolo, rappresentata non tanto dall’asceta che si ritira dal mondo, che dopo tutto, può farlo a pieno diritto, ma piuttosto dal pessimismo deprimente degli ignoranti che non vogliono fuggire il mondo, né, se tentassero di farlo, potrebbero innalzarsi fino alle vette dell’ascetismo, ma sono comunque imbevuti a livello intellettuale e dominati nel temperamento da queste dottrine distaccate e catastrofiche. Un’alba migliore sorgerà per l’India quando la nebbia si diraderà e la mentalità indiana, pur senza rinunciare alla verità di Maya, riuscirà ad intuire che si tratta solo di una spiegazione parziale dell’esistenza. L’esistenza terrena non è indispensabile all’essere o alla gioia di Dio, ma non per questo è vanità; né un’esistenza terrena liberata, libera in Dio, può essere considerata vana o falsa.

La dottrina ordinaria di Maya non è una verità semplice, ma deriva da tre diversi livelli di percezione spirituale.

MAYA: REALTÀ E ILLUSIONE SECONDO SRI AUROBINDO

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MAYA

Il mondo esiste come simbolo di Brahman ma la mente crea ed accetta falsi significati e scambia il simbolo per la realtà. Tale è l’ignoranza, l’illusione cosmica, l’errore della mente e dei sensi da cui il Mago stesso, il Maestro dell’Illusione, ci chiede di liberarci.
Tale errata valutazione del mondo è la Maya della Gita che può essere trascesa senza abbandonare la vita attiva o l’esistenza nel mondo. Anche l’intera esistenza universale è un’illusione di Maya, poiché non si tratta della realtà ultima immutabile e trascendente, ma soltanto di una realtà simbolica, di una rappresentazione della realtà del Brahman in termini di coscienza cosmica. Tutto ciò che vediamo, o di cui siamo mentalmente consapevoli come di una realtà oggettivamente esistente, è solo una forma di coscienza. Si tratta della ‘Cosa-in-sé’ dapprima manifestata in termini ed idee generate da un movimento o da un processo ritmico della coscienza e poi oggettivata nella coscienza stessa, e non realmente esterna ad essa. Di conseguenza tutte le cose hanno una realtà convenzionale fissata, ma non una realtà essenziale durevole; sono solo simboli e non la realtà che rappresentano, sono soltanto strumenti di conoscenza e non la realtà da conoscere.

Partendo da un altro punto di vista, possiamo dire che l’Esistenza, o Brahman, ha due stati fondamentali di coscienza: la coscienza cosmica e la coscienza trascendente.

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